Prima data di pubblicazione 10 luglio 2008
Il sistema dello schiaffo e’ vecchio quanto la pescasub; che il pesce spesso sia attirato da un forte e improvviso rumore lo si era capito da tempo, ma quando e come usare simile richiamo? Cominciai a pescare cosi’ molti anni fa, quando, pescando sull’aspro, mi accorsi che a ogni padella che facevo (tante a quei tempi) con il vecchio e stracarico medisten, il pesce, a branchi, mi veniva letteralmente addosso. La tecnica funzionava bene ma non sempre; a volte era addirittura deleteria bruciando ogni successivo tentativo. Cosi’ dopo poco tempo l’abbandonai per tornare alla piu’ classica pesca in tana o all’aspetto.
Ma la necessita’ aguzza l’ingegno. L’anno scorso, in un periodo di calma piatta ed acqua torbida, in cui il pesce si era spostato sulla sabbia disertando barriere e aspri, spinto dalla “fame di pesce” e dopo aver setacciato a vuoto tutti i miei posticini, non sapendo più che cappotti prendere, ho rispolverato e affinato l’antico sistema.
Le condizioni ideali si trovano intorno alle dighe frangiflutti (dove consentito) con mare piatto da giorni, visibilita’ scarsa (l’ideale sono 2,5-3mt), assoluta assenza di rumore. Non servono attrezzature specifiche, ma e’ importante la maschera che deve essere la più luminosa possibile; ottima la “Diva” di Antolas Design.
Io la sto usando da aprile da 0 a -20mt e ne sono veramente soddisfatto. La zavorra deve essere abbondante, si pesca sempre in poca acqua, e una volta in posizione bisogna rimanere assolutamente immobili; con la nuova 3mm uso uno schienalino da 3 kg, una cintura sul diaframma da 3 kg, una seconda cintura sul bacino da 2 kg e cavigliere da 400 grammi (uso tutto l’anno i calzari da 5mm). Particolare attenzione va prestata al fucile: scelgo sempre il più lungo che posso, di solito un arbalete in legno autocostruito lungo 80 cm, con un’asta da 130x6mm, corredato da un mulinello “micro”; il fucile risulta un pelino pesante in punta ma snellissimo.
L’uso di un arbalete medio lungo e’ essenziale, lo tengo sempre girato sul fianco, con il braccio piegato ed il polso sempre in linea con l’occhio. Vi spieghero’ poi il motivo. Il resto dell’attrezzatura non e’ di rilevante importanza. Innanzitutto lo schiaffo va adoperato al ritorno e non all’andata; questo permette anche di sfruttare al massimo i pochi metri di zona pescabile a disposizione. Comincio sempre con l’agguato alternato a piccoli aspetti e poi quando torno verso il gommone uso lo schiaffo; l’andata e’ anche necessaria per studiare il comportamento dei pesci e i punti adatti ad adottare il sistema.
Condizione essenziale e’ la presenza di un ostacolo al limite della visibilita’, che faccia da contrasto visivo; il pesce arrivera’ nervosamente dalla sabbia in branco e risultera’ completamente bianco; ne distingueremo la sagoma solo quando passera’ davanti all’ostacolo. Anche la profondità dove fermarsi e’ importante, mai sul fondo ma a uno o due metri, guardando in fuori e verso il basso. Ma come scegliere la preda giusta tra le nuvole di cefali, boghe, saraghetti che ci potrebbero arrivare addosso ?
Una vista acuta, l’esperienza e una maschera molto luminosa fanno la differenza. Infatti bisogna sapere “cosa” notare dei pesci che passano, quasi invisibili: delle orate l’opercolo nero, delle spigole il giallo dell’occhio e il brillare caratteristico delle piccole squame, delle corvine lo sperone delle pinne pettorali ed il labbro bianchi. E’ l’alba ed ho gia’ battuto la barriera metro per metro, con agguati in superficie e aspetti sul fondo utili anche a trovare i punti ideali per mettere in pratica il trucchetto.
A questo punto vediamo, anzi, immaginiamo l’azione di pesca: mi trovo in un punto “buono”, a 2-3 dal frangiflutti dove il fondo comincia a scendere; davanti a me la franata si allunga con un paio di massi sulla sabbia che mi fanno da schermo. Dalla superficie studio il punto dove appostarmi, un bel masso piatto posto a mezz’acqua e’ l’ideale. Con calma mi preparo: 3-4 ventilazioni (senza esagerare), alzo il braccio e a mano aperta con tutta la forza che ho… SBLANG!!!!!!
Allargo le gambe orizzontalmente, mi inarco a 90° e, stringendo le gambe, sposto l’immaginario cono d’acqua necessario a farmi scendere il piu’ silenziosamente possibile sul masso; non tolgo lo snorkel per dare l’idea di un corpo che cade pesantemente in acqua con le inevitabili bollicine d’aria che lo seguono; il resto deve essere un totale silenzio, nessun movimento. Il pesce così sarà costretto ad avvicinarsi il più possibile e non vedendomi passerà lateralmente tra me ed il masso che farà contrasto per cercare di capire cosa sono.
Ho il legno da 80 a braccio piegato, girato sul fianco e in linea con l’occhio, gli unici movimenti sono quelli della testata che sposto piano nella direzione del pesce. I primi ad arrivare sono i cefali seguiti da un po’ tutta la minutaglia. Poi comincia il concerto , forti scodate anticipano l’arrivo del branco di spigole, una, due, tre, ma sono piccole, non mi interessano, noncurante di tutto il resto continuo a guardare verso il basso; e’ dal fondo che, con un po’ di fortuna, arriveranno le grosse. L’atteggiamento delle veterane e’ completamente diverso da quello delle giovani, le signorine di solito arrivano alte, in branco e tra i cefali, le vecchie volpi invece tendono a passare guardinghe sul fondo strusciando tra i dedali di scogli.
Ecco che ne arriva una… ho giusto il tempo di inquadrarla che scoda e scompare, e’ una frazione di secondo e qui entra in gioco il legno lungo; avendo il fucile arretrato non ho bisogno di brandeggiare; lo spingo in avanti e verso la direzione del pesce e sparo quando ormai non lo vedo piu’. Di solito funziona e di solito le prendo sempre in testa…… sono un ragazzo fortunato…
Prima data di pubblicazione 30 gennaio 2009
Il tratto di mare che va da Ortona a Fossacesia (in provincia di Chieti) è uno tra i più belli e caratteristici della costa abruzzese. Per circa trenta chilometri le classiche spiagge di sabbia dorata lasciano improvvisamente il posto a caratteristiche colline a strapiombo sul mare intervallate da piccole cale ghiaiose che nulla hanno da invidiare a quelle sarde o greche. Il fenomeno del bradisismo, lento scivolare della costa verso il mare, in queste zone ha formato uno dei più importanti spot di pesca abruzzesi. Oltre alle classiche franate del sottocosta, intervallate da strisce di sabbia, si possono trovare vari agglomerati di roccia, perlopiù arenaria, paralleli alla linea litoranea fino a una profondità di circa 20metri; questi, protetti dalla costante torbidità dell’adriatico, sono delle vere e proprie riserve di pesca difficilmente accessibili per la maggior parte dell’anno che tuttavia nelle rare giornate di acqua limpida possono regalare carnieri da favola.
Uno dei tratti migliori è quello che va da S.Vito Chetino a Vallevò, frazione di Rocca S.Giovanni, noto anche come “la costa dei trabocchi”. I trabocchi sono delle postazioni di pesca fissa con dei grossi bilancieri eretti su tipici pali di legno di acacia.
Attualmente poche sono ancora operative mentre molte altre si sono trasformate in attività turistiche con tipici ristorantini sul mare molto suggestivi e lo smantellamento del tracciato ferroviario che per 50 anni ha deturpato la costa ha contribuito a far tornare questo tratto alla bellezza di un tempo.
Molte sono le tecniche di pesca praticabili, si va dal surf casting, spinning o bolognese nel sottocosta, traina, bolentino e pescasub per chi ha la fortuna di avere una barca a disposizione. Purtroppo in tutta la zona non ci sono scivoli d’alaggio e mettere in mare un natante più grande di 3 metri diventa arduo se non impossibile. Le specie di pesci presenti sono le classiche del medio adriatico: spigole, cefali, saraghi pizzuti e maggiori, corvine, orate sempre più presenti anche in inverno e dentici, lecce, ricciole e pesci serra nel periodo estivo.
Anche gli accessi da terra sono pochi e spesso nascosti dalla vegetazione. Uno dei posti più comodi è quello presso il camping “la foce” di Rocca S.Giovanni dove c’è addirittura una doccia pubblica molto utile per lavare l’attrezzatura a fine pescata. Il tratto più interessante della zona è quello compreso tra il porticciolo di Vallevò e Punta Cavalluccio: grossi massi, che in alcuni casi sfiorano la superficie, e bassi lastricati di arenaria si intervallano a tratti di sabbia fino ad una profondità di oltre 10 metri; soprattutto questi ultimi, difficili da ritrovare anche con l’ecoscandaglio, si rivelano eccezionali per la pesca subacquea e per la traina.
Nella secca di fronte al porticciolo di Vallevò qualche anno fa è stata posta una statuetta dedicata al Cristo, posto ideale per fare un po’ si snorkeling magari in compagnia della nostra “lei”…
Buon viaggio e pescate in sicurezza
Superpakkio